La strada, negli anni Sessanta, era ancora una faccenda di polvere e fango.
La maggior parte dei fondi stradali non era asfaltato, era di terra battuta.
Quando pioveva, le pendenze diventavano fiumi di fango.
Percorsi da far tremare i polsi sia in auto che in bicicletta, passi di montagna di strada sterrata, bianca, di sudore, lacrime, polvere e fango.
Questo è il senso “eroico” della strada sterrata, una memoria mai dimenticata di un passato da pionieri.
Pionieri che la percorrevano ogni giorno a piedi, in bici, in moto o a bordo di automobili ben lontane dalle performance di oggi.
Ma le strade bianche non sono solo sofferenza, sono anche bellezza.
La bellezza di una natura in cui la presenza dell’uomo è meno invasiva, senza il grigiore dell’asfalto, con la terra nuda, viva, che batte il suo ritmo sotto le tue ruote, o i tuoi piedi.
Certo, non è tutto rose e fiori, anzi: la bellezza del paesaggio, quando ti avvicini, nasconde schizzi di fango, pioggia e terriccio.
La strada bianca può diventare palude, un dorato paesaggio delle Crete trasformarsi in una palude dove potresti quasi pescare anguille.
Ma anche questo fa parte della magia, dell’epica, dell’eroismo dei luoghi che non conoscono l’asfalto, e dei folli che ancora li affrontano armati di due o quattro ruote (anzi, 4x4) o, a volte, dei soli piedi, per dimenticare le malinconie del progresso e delle metropoli congestionate.
In cerca di un contatto con se stessi, con la terra, con la nostra storia recente.
O, più semplicemente, in cerca di bellezza.
NOTA: Per chi avesse voglia di approfondire, alle strade sterrate è stato dedicato un intero, bel libro, "La leggenda delle strade bianche", di Marco Pastonesi, Ediciclo editore.