Perla del mar Tirreno, buen retiro di artisti e vip negli anni '60 e oltre, è ancora il simbolo di un modo di intendere la "villeggiatura" tipicamente italiano, stanziale e agostano.
Un mondo che anno dopo anno si ripete, sempre uguale, mantenendo la sua estetica e il suo passo lento.
Tutto è certezza, a Castiglioncello: la pineta con la sua giostra, sempre uguale, gli eterni banchi dei libri dove si fanno spesso delle scoperte sorprendenti, la gelateria, il minigolf.
Ogni dettaglio è nello stesso posto, immarcescibile, identico, come se il tempo non fosse passato.
Io ci andavo da bambino nel 1980, più o meno, e sembra ogni volta di cadere in una cartolina del tempo che fu... eppure sono passati quasi quarant'anni, quasi nient'altro sembra uguale: il mondo intorno è mutato a velocità vorticosa.
Niente da fare: Castiglioncello concede alla modernità solo pochi dettagli, un po' di Wi-Fi nei locali, un certo numero di ristoranti e alberghi in più (poca roba, in realtà: la maggior parte sono sempre quelli di un tempo, con varie gradazioni di leggera decadenza).
Si arriva al paradosso più totale quando, proprio tra mare e pineta, ci imbattiamo nelle rovine della discoteca Ciucheba, un "must" degli anni '70 e '80, frequentato all'epoca dai più grandi nomi: Paoli, Nannini, Renato Zero, Celentano.
Non ricordo cosa sia accaduto, se un incendio o altro, ma non importa.
Resta il fatto che da quel giorno è rimasta così, silenziosa e desolata, a farsi corrodere dalla salsedine, diventando parte di quel mondo uguale: niente è stato fatto per sostituirla, rimetterla a nuovo o altro, nonostante la posizione sicuramente ghiotta per qualunque investitore.
Un dancing fantasma dove ti immagini di poter ascoltare ancora, nelle notti di luna piena, i Righeira e Sandy Marton.
Castiglioncello è ancora bellissima, piuttosto cara e fiera delle sue glorie, anche se molte appartengono a un passato irripetibile: non è più tempo di stare due mesi al mare, con famiglie che perpetuano i riti cittadini trasferendosi in massa.
Non è più il tempo in cui il cinema era tutto lì, su quelle spiagge, tra quelle strade dove fu girato Il Sorpasso, capolavoro di Dino Risi con un Gassman epocale.
Non è più la succursale di Cinecittà, con le ville di Alberto Sordi e Marcello Mastroianni (che sono ancora lì, naturalmente, a eterna memoria), con l'eco delle voci di Silvana Mangano, Luchino Visconti, Zeffirelli.
Tutti seduti lì, nella pigrizia di mezz'agosto, a contemplare quei paesaggi mediterranei che sembrano dipinti.
Ma soprattutto, forse, sono gli italiani a non essere più quelli di allora.
Castiglioncello fiorì durante il boom degli anni '60, l'esplosione di un'Italia che si riprendeva dai traumi della guerra e, caciarona e indomabile, si concedeva al divertimento. Si poteva finalmente, a volte con fatica, a volte con agio, "andare in villeggiatura"!
In quel momento di esaltazione e vitalità del nostro Paese, Castiglioncello si ritagliò un profilo alto, fine, lontano dal chiasso di Rimini e Riccione ma anche dagli eccessi miliardari di Capri e Portofino.
Un piccolo, placido ritrovo di artisti, politici, letterati.
Passavano di qui Domenico Modugno, Giovanni Spadolini, Paolo Panelli, la crème de la crème di un paese che tornava a sorridere.
Castiglioncello è sempre lì, che ci aspetta, pronta ad accoglierci con scontrosa ironia labronica, senza cedere un palmo alle nuove mode.
Può permetterselo: il suo mare è incontaminato, e non manca mai di prendere la prestigiosa Bandiera Blu, le sue campagne sembrano sempre un dipinto dei Macchiaioli, e tutto sommato qualche vip ancora si può avvistare, per esempio Carlo Conti e Leonardo Pieraccioni.
Per il resto... il bagno Roma e il bagno Italia, oleandri e gerani, bagni di mezzanotte, gli scogli di Calafuria, il bel Castello Pasquini, il mitico caffè Ginori.
Tutto è ancora qui, tutto è rimasto a ricordare come eravamo... e come forse, almeno ogni tanto, ci piacerebbe tornare a essere.
Intanto, sullo splendido lungomare di Punta Righini, in piena notte, qualcuno vede ogni tanto passeggiare una figura elegante, in abito bianco, col solito ghigno sardonico e un po' triste.
C'è chi dice che sia il fantasma dell'Albertone nazionale, pronto a un'ultimo sberleffo alle spalle dell'incauto turista. Se lo incontrate, urlategli "ahò, ma 'ndo vai??": vi sorriderà.
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